Un approfondimento a cura di Paolo Sordo, Digital Innovation Manager, condiviso con Rossella Laface, Sales Coordinator CEPAS.
Il Made in Italy è il frutto della grande capacità innovativa delle imprese del nostro Paese.
Tuttavia, la crescente competitività commerciale internazionale, legata alla destrutturazione delle imprese e dovuta principalmente all’introduzione e sviluppo delle tecnologie digitali, comporta la conseguente necessità di migliorare i processi innovativi aziendali.
In molti casi, l’innovazione è frutto di errori produttivi che poi sono stati provati, anche casualmente, nei mercati di riferimento, ottenendo risultati insperati e inizialmente non programmati.
In questo nuovo contesto internazionale post-pandemico, quanto l’invenzione destrutturata può permettere all’azienda di crescere e svilupparsi?
E quanto può incidere la gestione dell’innovazione (Innovation Management) quale supporto ai processi strutturati di innovazione aziendale?
Significativo è questo passaggio contenuto nella Norma ISO 56002:
“La capacità di innovazione di un’organizzazione comprende l’abilità di comprendere e rispondere alle mutevoli condizioni del proprio contesto, al fine di perseguire nuove opportunità, di fare leva sulla conoscenza e sulla creatività delle persone all’interno dell’organizzazione stessa, anche in collaborazione con le parti interessate esterne. Un’organizzazione può innovare in modo più efficace ed efficiente se tutte le attività richieste e gli altri elementi correlati o interagenti, sono gestiti come un sistema.
Un sistema di gestione dell’innovazione guida l’organizzazione nella determinazione della propria vision, strategia, politica e obiettivi per l’innovazione e nella definizione del supporto e dei processi necessari a conseguire gli esiti attesi.
I potenziali benefici relativi all’attuazione di un sistema di gestione dell’innovazione, in conformità al presente documento, sono:
a) maggiore capacità di gestione dell’incertezza;
b) maggiori crescita, ricavi, profittabilità e competitività;
c) riduzione dei costi e degli sprechi, nonché una maggiore produttività ed efficienza delle risorse;
d) maggiori sostenibilità e resilienza;
e) aumento della soddisfazione da parte di utilizzatori, clienti, cittadini e altre parti interessate;
f) rinnovo nel tempo del portafoglio delle offerte;
g) persone attivamente coinvolte e responsabilizzale all’interno dell’organizzazione;
h) maggiore capacità di attrarre partner, collaboratori e finanziamenti;
i) aumento della reputazione e della valorizzazione dell’organizzazione;
j) facilitazione della conformità (compliance) a regolamenti e ad altri requisiti pertinenti”.
Per governare questa fase di cambiamento all’interno delle imprese, nel 2019, il Ministero dello Sviluppo Economico ha dato valore ad una figura ancora poco conosciuta nel nostro Paese: l’Innovation Manager.
L’iniziativa, che potrebbe essere replicata a breve, ha ottenuto un successo importante per le numerose richieste pervenute; la stessa, garantiva un voucher finanziario alle imprese in grado di instaurare un rapporto di collaborazione a tempo con questa “nuova” figura legata all’innovation management.
Lo stimolo innescato dal Ministero ha di fatto messo in moto un processo di formalizzazione delle figure professionali non regolamentate nel campo della gestione dell’innovazione.
Nel maggio scorso, infatti, è stata pubblica la Norma UNI 11814 che prevede tre figure professionali per la gestione dell’innovazione: l’Innovation Technician; l’Innovation Specialist e l’Innovation Manager.
La stessa norma, oltre a dettagliare con grande puntualità i compiti, le attività, le competenze, le conoscenze, il grado di autonomia e responsabilità di queste figure, include anche tutti gli aspetti delle nuove tecnologie, creando, di fatto, uno stretto connubio, tra gestione dell’innovazione e digitalizzazione.
É evidente che in questo scenario i professionisti non si possono improvvisare. Anzi, diventa fondamentale incrementare e/o dare nuovi stimoli al proprio know-how partecipando a percorsi formativi specifici. Inoltre, gli esperti possono scegliere di misurarsi e misurare le proprie competenze. A tal proposito, CEPAS ha definito il quadro definitivo dell’esame da sostenere per ottenere la Certificazione di Innovation Manager, Innovation Specialist e Innovation Technician.
È evidente che si tratta di una grande opportunità per lo sviluppo dell’innovazione e della digitalizzazione all’interno delle imprese italiane. Questa opportunità deve essere colta, pena la perdita di ulteriori efficienza e produttività da parte del sistema imprenditoriale italiano.
Un dato su tutti: nel 2019 l’Italia era al 27° posto su 27 paesi UE per competenze digitali. Se nel brevissimo periodo non avverrà l’immissione di figure legate allo sviluppo dell’innovazione tecnologica e digitale all’interno delle imprese, il nostro futuro non sarà di certo roseo.
Per qualsiasi ulteriore informazione, il team è a massima disposizione.