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Il protocollo Internal Compliance Program (ICP) certificato

Dic. 6 2023

ESPORTARE MINIMIZZANDO I RISCHI DI ERRORE

660 miliardi di euro, con una crescita del 6,8%. Questo il valore previsto per le esportazioni italiane di quest’anno, secondo i dati contenuti nel Rapporto Export 2023 di SACE. Il trend dovrebbe rimanere positivo con un +4,6% nel 2024 e un +3,8% medio annuo nel successivo biennio.

Tra le cosiddette “geografie d’approdo” dei beni e servizi made in Italy vi sono sia Paesi dell’Unione Europea come Germania, Francia e Spagna, sia nazioni con le quali ci sono consolidate relazioni commerciali quali Stati Uniti e Gran Bretagna. Ma non solo. La mappa del commercio estero italiano è tutt’altro che ferma e oltre alla Cina – con aumenti percentuali a doppia cifra – si prevedono interessanti prospettive di crescita e di interesse per i mercati dei Paesi del Golfo (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti) e di nazioni come India, Thailandia, Vietnam, Brasile e Messico. 

Chi esporta sa che la destinazione della merce è una variabile tutt’altro che trascurabile. E non tanto in termini geografici puri – la distanza tra il punto di partenza e quello di arrivo – ma soprattutto di norme e regole. Infatti, alla relativa semplicità nel commerciare con Paesi con una legislazione e dei regolamenti comuni o pratiche consolidate (gli Stati della UE, ma anche gli USA), fanno da contraltare una maggiore difficoltà e una certa dose di incertezza nel caso gli scambi avvengano con nazioni con le quali i legami sono poco regolamentati o addirittura assenti. E non è tutto. 

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Gli ultimi anni sono stati segnati da episodi ed elementi che hanno portato diversi analisti a parlare di “crisi” del fenomeno della globalizzazione, almeno come la si era conosciuta dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso. Infatti, la pandemia da Covid-19, una situazione geopolitica polarizzata, i conflitti armati (Ucraina e ora Israele, ma non solo) e la sempre maggiore conflittualità commerciale fra gli Stati, acuita da politiche neoprotezioniste, hanno reso il commercio internazionale più complicato e, in certe forme, più rischioso.  Specialmente per chi, in questo settore, opera.

Nella pratica significa aumentare le probabilità di sbagliare. Tra i possibili errori vi sono lo stringere rapporti commerciali e finanziari con soggetti sottoposti a restrizione, intrattenere rapporti commerciali con Paesi sotto embargo e movimentare prodotti a duplice uso o sottoposti a restrizione. Ma anche attribuire in modo errato la classificazione doganale e l’origine dei prodotti e non saper gestire in modo corretto gli aspetti di conformità, sicurezza ed etichettatura dei beni di consumo. 

Violare le normative nazionali e internazionali comporta una serie di importanti e negative conseguenze per le imprese sia di natura economica (pagare onerose sanzioni amministrative) sia penali, nonché danni alla reputazione.

“Per questa ragione – afferma Zeno Poggi, Founding Partner di ZPC, società di consulenza per il commercio internazionale – è fondamentale che gli esportatori siano sempre più consapevoli della necessità di adottare efficaci strumenti al fine di gestire le operazioni commerciali e finanziarie nei mercati globali nel rispetto dei regimi sanzionatori e restrittivi attualmente in vigore, al fine di evitare sanzioni e tutelare gli asset aziendali”. 
In tale contesto di incertezza, viene in aiuto alle aziende l’Internal Compliance Program o più brevemente ICP. Si tratta dell’insieme di quelle procedure interne che garantiscono la conformità ai regimi sanzionatori, il presidio degli export control lungo catene di fornitura sempre più globalizzate e la gestione di complessi adempimenti di trade compliance e doganali: controlli sulle transazioni commerciali e finanziarie, verifiche soggettive sui business partner, analisi oggettive sui prodotti da esportare, analisi di rischio-Paese, corretta attribuzione del codice doganale e dell’origine dei prodotti. L’ICP si configura come uno strumento imprescindibile visto che consente al soggetto esportatore, o comunque a chi compiere operazioni commerciali e finanziarie nei mercati esteri, di avere un solido ed efficace controllo delle tematiche che stanno alla base dei processi di valutazione del rischio nel commercio internazionale. La sua adozione appare strategica per le imprese, anche alla luce delle raccomandazioni fatte da un numero sempre crescente di autorità, europee comunitarie e statunitensi.

Quale la finalità?

Quella che si ricordava poco sopra: prevenire il rischio di incorrere in sanzioni e danni reputazionali.
In un panorama articolato, in cui spesso esiste il concreto pericolo di sbagliare, anche senza dolo, una società come ZPC assiste le imprese nello sviluppo di ICP da alcuni anni e ha sviluppato un metodo di lavoro caratterizzato da elevati standard qualitativi, ritagliato sulle concrete esigenze e sui processi industriali dei clienti, supportato dall’uso di innovative piattaforme digitali. 
A ulteriore garanzia della correttezza e trasparenza del processo ICP proposto da ZPC oggi c’è la certificazione da parte di CEPAS, quale ulteriore valore a garanzia della qualità nell’erogazione di un servizio divenuto indispensabile e talvolta obbligatorio. La partnership tra ZPC e CEPAS per la certificazione del processo di ICP è il primo progetto in Italia di questo genere. 

Quali vantaggi per le aziende?

Più trasparenza, organizzazione e controllo, efficienza ed efficacia, credibilità e reputazione da poter veicolare verso i propri stakeholder (clienti, partner e fornitori), banche e autorità.