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Lavoro. Professionalità certificata per superare la talent scarcity

Mag. 11 2022

Job o skill shortage, talent scarcity. Espressioni prese a prestito da altri ambiti per dare un nome – in modo efficace ed immediato – a un fenomeno divenuto sempre più rilevante nel mondo del lavoro: la mancanza di figure professionalmente preparate. Con la conseguente difficoltà da parte delle aziende nel trovare i candidati con le qualifiche richieste.

 Un gap tra offerta di lavoro e competenze disponibili che – specialmente negli ultimi anni – va verso un progressivo allargamento. Il mondo globalizzato è, infatti, segnato da trasformazioni sempre più frequenti e ravvicinate che coinvolgono ovviamente anche l’ambito del lavoro e delle professioni. Cambiamenti causati tanto dall’impatto che deriva dal susseguirsi di elementi di innovazione (tecnologica, ma non solo) o di nuovi player, come dal presentarsi sulla scena di fattori esterni all’economia ma dagli effetti dirompenti e inaspettati su di essa, com’è stata la pandemia da Covid-19. Mutamenti che, per essere affrontati, gestiti e guidati – e non subiti – necessitano di preparazione, formazione e competenze sempre aggiornate.

Un problema che investe principalmente le economie più competitive e avanzate. Oggi – secondo una survey condotta da McKinsey – il 44% dei CEO di aziende a livello internazionale indica nella mancanza di talento (la talent scarcity sopra citata) una delle principali criticità a cui far fronte nei prossimi 5 anni. Una percentuale simile (43%) lamenta già carenze di competenze nella propria organizzazione, con la preoccupazione degli analisti che l’attuale mancanza si trasformi in emergenza.

 La difficoltà nel far incontrare proficuamente domanda e offerta coinvolge anche il nostro Paese che, con una spesa per l’istruzione pari al 4,1% sul PIL è una delle nazioni che meno investe nella scuola rispetto ai Paesi OCSE, la cui media si aggira intorno al 5%: tradotto in euro significa circa 12mila a studente contro una media di 17mila. Per non parlare della percentuale di laureati sulla popolazione che - com'è noto visto il risalto che i media ciclicamente le danno - risulta tra le più basse dell’Unione europea (dati Osce Education at Glance 2021 e Istat 2020). 
Non solo. Mentre il futuro è sempre più rappresentato da un lifelong learning, l’Italia mostra una bassa partecipazione anche ad attività formative “non formali”, ovvero a quelle che non rientrano all’interno di un percorso di studi finalizzato al conseguimento di un titolo, ma che servono all’accrescimento e all’aggiornamento delle competenze in ambito professionale. Nel 2020, la partecipazione degli adulti italiani a un’esperienza di apprendimento è stata inferiore rispetto al valore medio dell’Ue (7,2% contro 9,2%) (Istat 2021). 

Gli effetti negativi di questo mismatch sono duplici. Nel medio periodo, essi vanno ad indebolire la competitività dell’intero sistema-Paese, sempre meno capace – attraverso il suo apparato produttivo – di rispondere con profili adeguati alle sfide poste dai continui cambiamenti e trasformazioni a livello globale. Nel breve, colpiscono le persone che, di conseguenza, faticano tanto a inserirsi nel mondo del lavoro come a trovare adeguati spazi di crescita e miglioramento in realtà differenti da quella che vivono. 
Tornando al già menzionato report di McKinsey, emerge che sono essenzialmente due le modalità con cui le aziende cercano di “colmare il divario” tra ciò che necessitano e ciò che si trova sul mercato. Primo: organizzano momenti formativi e di riqualificazione per il personale dedicati sia a programmi di promozione delle cosiddette soft skill sia all’acquisizione di competenze specifiche necessarie allo svolgimento dell’attività. 
Secondo: assumono personale già formato e competente. Ed è proprio questa la modalità utilizzata da oltre il 60% delle aziende coinvolte nell’indagine.  
Il futuro quindi? Risiede probabilmente nel mix ben calibrato di entrambe.

“Un esempio di risposta a questo bisogno sempre più urgente” – sottolinea Antonella Amoia, Randstad  formatemp team leader – “che le aziende hanno di figure professionali competenti,  si traduce in percorsi formativi organizzati da una realtà globale nel campo delle risorse umane come Randstad e, in particolare la sua divisione HR Solutions Italia, che ha interpretato le esigenze delle specializzazioni Randstad LOGISTIC e Randstad HOSPITALITY and FOOD. Inoltre, grazie alla collaborazione con CEPAS, società del gruppo Bureau Veritas Italia, tali corsi - completamente gratuiti per i partecipanti, perché finanziati Forma.temp - non solo erogano conoscenze, ma garantiscono anche della loro qualità, nei termini dell’intero pacchetto formativo puntualmente controllato da una Terza Parte Indipendente. CEPAS, infatti, verifica che quanto veicolato in aula sia coerente con l’offerta formativa promessa ai partecipanti e crea un circuito di valore e a completa tracciabilità”.
Ciò genera una garanzia di qualità dal doppio risvolto. Per le aziende che stanno cercando lavoratori con un determinato profilo significa scegliere tra candidati competenti. Per i lavoratori che si stanno formando significa potersi presentare con un attestato validato da un ente terzo e imparziale. 
A tutto questo si aggiunge un ulteriore vantaggio: ai partecipanti viene fornita una validazione tangibile al percorso di apprendimento attraverso l’iscrizione al Registro Pubblico CEPAS come “operatori qualificati”. 
Ad oggi le figure interessate da questa iniziativa sono due: operatore qualificato nel settore logistico-del farmaco e operatore qualificato di pulizia e sanificazione/igienizzazione anche se è previsto un allargamento ad altri ambiti.”